Quello che non mi uccide, mi fortifica.
Friedrich Wilhelm Nietzsche
Pare che Nietzsche non avesse tutti i torti: le difficoltà ci rendono più resilienti. Questa, almeno, la conclusione di un articolo pubblicato su Current Directions in Psychological Science: Resilience - A Silver Lining to Experiencing Adverse Life Events?
La resilienza, ovvero la capacità di affrontare i problemi e le avversità, tende ad essere legata alle passate esperienze. Com'è noto, le persone che hanno subito gravi traumi (lutti, violenze, abusi) sono più a rischio di essere soggetti a problemi psicologici (ansia, depressione, e soprattutto (disturbo post traumatico). Queste persone, inoltre, sviluppano una minore resilienza, ovvero tendono ad avere difficoltà nell'affrontare nuove avversità.
Anche per questo motivo, psicologi, educatori, pediatri e genitori tendono - giustamente - a proteggere i bambini e gli adolescenti.
Ma secondo Mark Seery, l'autore dell'articolo citato, la totale assenza di difficoltà ed avversità non è la condizione ideale. Anzi, la necessità di affrontare alcune difficoltà, aiuta bambini, adolescenti e probabilmente anche gli adulti a migliorare la propria resilienza.
Proteggere troppo i propri cari, ed evitare a se stessi tutti gli stress, non è dunque una buona strategia. Naturalmente, gli stress non devono essere eccessivi (e lo stress non deve essere cronico). Ma alcune dosi di stress, e qualche problema, fanno bene e ci allenano ad affrontare gli stress futuri.
Dunque, parafrasando il grande filosofo, quello che non mi fa troppo male, mi fortifica.