L'idea che l'atassia ottica possa fare affidamento su uno specifico disturbo vasomotorio è alla base di parecchi casi riportati in letteratura, a partire da quello di Balint (1909). Finora quest'idea non ha ricevuto una completa approvazione, probabilmente a causa della mancanza di ricerche approfondite. I risultati del presente studio forniscono alcune chiare argomentazioni che sostengono la specificità dell'atassia ottica.
Esse dimostrano che l'atassia ottica può apparire come un sintomo modalità-specifico. A parte il caso 6 che mostra qualche grado di "atassia uditiva", c'è in tutti i pazienti un contrasto impressionante tra la marcata incoordinazione, lentezza e in accuratezza dei movimenti della mano elicitati visivamente, e il normale pattern di movimenti diretti a obiettivi cinestetici o uditivi. La modalità più recente è stata di rado analizzata nei precedenti studi. Nei loro 2 pazienti con atassia ottica. Tzavaras e Masure (1976) hanno osservato che il raggiungimento di obiettivi uditivi è normale o minimamente colpito. Sono stati registrati più dati per la modalità somoestetica. Come Balint, diversi autori hanno confrontato il grossolano danneggiamento dei movimenti della mano sotto la guida visiva con un ben coordinato, rapido e accurato pattern di movimenti diretti al corpo (Garcin et al., 1967; Rondot et al., 1977; Damasco e Benton, 1979). In pochi casi, tuttavia, è stata osservata l'inaccuratezza nell'indicare parti del corpo, anche in assenza di disturbi somatosensoriali elementari (Levine et al.,1978; Boller et al ., 1975).
I nostri risultati sottolineano un altro aspetto della specificità dell'atassia ottica. Questo non appare nè sensoriale né motorio, ma più probabilmente correlato ad un disturbo selettivo alla congiunzione di entrambi i domini. Nessuno dei pazienti mostra significativi disturbi motori, propriocettivi, di campo visivo o di percezione dello spazio visivo. Sebbene qualche restringimento dell'emicampo controlesionale possa essere osservato quando vengono utilizzati stimoli piccoli e deboli e sebbene la capacità di discriminare la posizione del punto e l'orientamento della linea possa essere colpita, soprattutto in questo emicampo quando vengono presentati stimoli deboli, non può essere immaginato un diretto legame tra questi deficit acuti e l'atassia ottica. La prima ragione sta nel fatto che essi non sono osservati in tutti i pazienti. In più, errori individuati con uno studio tachistoscopico in 4 pazienti sono più piccoli degli errori di raggiungimento e orientamento della mano e non mostrano nessuna correlazione con essi. Sull'altra mano, tali deficit non possono contare per il fatto che, in molti dei nostri pazienti, l'atassia ottica non è solo
collegata al semicampo visivo controlesionale ma anche alla mano controlesionale. Infine, una argomentazione decisiva per rifiutare la dipendenza dei disturbi percettivi, anche se molto leggeri, sull'atassia ottica e per considerare questo sintomo come molto specifico, sta nel fatto che esso può colpire solo una mano entro un emicampo. Questo pattern di deficit può essere osservato dall'inizio della malattia e più spesso ad uno stadio più avanzato dell'evoluzione (esempio, caso 1, Tzavaras e Masure, 1976; caso 6, 7, presenti serie). In questo modo
l'atassia ottica sembra differenziarsi dal disorientamento visivo in 1 emicampo descritto in passato (Brain, 1941; Cole et al., 1962). In contrasto con questa situazione, i disturbi percettivi nei pazienti con atassia ottica hanno solo un carattere accessorio. Essi possono risultare da un'estensione marginale della lesione alle subregioni parietali più coinvolte nella percezione spaziale visiva e/o nell'attenzione visiva piuttosto che quelli danneggiati nell'atassia ottica.